Era un'ossessione ancor prima che andassi al cinema: la mitica rivalità tra James Hunt e Niki Lauda, due grandi campioni divisi dal modo di intendere lo sport, ma uniti da una competizione accesa e dai risvolti profondamente umani.
In genere cerco di sapere il meno possibile di un film prima di andarlo a vedere. In questo caso, sapevo già quasi tutto.
Sarei potuto andare incontro a una cocente delusione, ma è stato esattamente il contrario. Rush non solo mi è piaciuto, mi ha mandato in visibilio, ha scavato nelle mie emozioni, mi ha affascinato, sorpreso, mi ha attratto nella storia come poche altre pellicole.
James e Niki si conoscono in una delle formule minori, la Formula 3. James è un donnaiolo. Ama bere, fumare, godersi la vita. In pista, è talento puro.
Niki è più freddo, calcolatore, sa gestirsi molto bene, accetta una percentuale di rischio ben precisa prima di scendere in pista.
A quei tempi, correre in Formula 1 significava danzare con la morte. Morivano due piloti a stagione. James è affascinato dal pericolo e crede sia una delle ragioni della sua popolarità con le donne.
Di corsa in corsa, di macchina in macchina, i due giovani piloti arrivano nell'Olimpo delle corse automobilistiche, la Formula 1.
Quando Niki si ritrova in Ferrari e James in McLaren la competizione tra i due esplode. Sempre attenti l'uno alle mosse dall'altro, usano ogni mezzo per superarsi. Eppure, è impossibile non leggere il forte legame umano, il rispetto, la sportività cristallina che lega i due piloti. Si sfottono, ma si ammirano.
La storia del mondiale del '76 è nota ai più. L'incidente di Niki, l'incredibile ritorno in pista, la sfida finale...
James rimarrà legato ai propri piaceri, un tipico eroe di quegli anni, con tutte le nefaste conseguenze. Niki diventerà una leggenda dello sport, della Ferrari e della Formula 1.
Resta del film lo splendido rapporto umano tra i due, che, soprattutto oggi, dovrebbe insegnare agli pseudo sportivi che si scambiano invettive per novanta minuti da una curva all'altra quale sia il vero senso dello sport.
La regia di Ron Howard è impeccabile, attenta ai particolari, incalzante, con ritmi quasi perfetti. Le musiche di Hans Zimmer sono la giusta colonna sonora di un capolavoro da Oscar.
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