Copyright 2012 Luca Rossi
Questo racconto fa parte della raccolta
“Aurelia, ti dispiace se interrompo il massaggio? Potrò riprendere
più tardi, se me lo consentirai. Ora, se me lo permetti, vorrei
prepararti la cena.”
Aurelia Lunatti si alzò
dal lettino e osservò il suo massaggiatore. Mano a mano che prendeva
confidenza con il suo corpo, diventava sempre più bravo.
“Ma certo, Carlo.”
Non aggiunse altro, pregustando la domanda successiva, con
l'acquolina in bocca.
Aurelia si morse il
labbro inferiore e fu vittima del suo demonietto interiore: “In
realtà, non mi dispiacerebbe una bella pizza!” rispose con gioia.
“Ma che bella idea!
Sappi però che mi occorrono ventiquattro minuti per procurarmi gli
ingredienti al market più vicino, e cinquantasei minuti per
preparare la pasta, farla lievitare…”
“Oh, smettila! Non
devi preoccuparti, ho capito: tra un'ora e mezza la pizza sarà
pronta. Vai pure!”
Carlo le si avvicinò e
la baciò teneramente. Poi si avviò verso la porta d’ingresso, la
aprì e uscì per andare a fare la spesa. Aurelia si lasciò andare
sul divano e sorrise.
Non riusciva proprio a
spiegarsi come avesse potuto aspettare così a lungo prima di
comprarsi Carlo. La sua collega, Valentina, con cui solitamente
trascorreva le pause pranzo, non faceva che ripeterle quanto il suo
robot le avesse cambiato la vita. Lei era rimasta a lungo scettica.
Come può una macchina essere un vero sostituto di un uomo? Ma,
dopo l'ennesima storia finita male, aveva deciso: ne voleva anche lei
uno!
Carlo annunciò il
proprio ritorno prima ancora di varcare la soglia, per non
spaventarla. Entrò nel soggiorno e, prima di raggiungere la cucina
con ancora i sacchetti della spesa in mano, le si avvicinò per
offrirle un tenero bacio.
Muscoloso, alto, occhi
azzurri e capelli lunghi fino alle spalle, Carlo era il ritratto del
suo uomo ideale. Le sue membra, benché prive di imperfezioni, erano
indistinguibili da quelle di un vero maschio. Ad Aurelia la
perfezione non dispiaceva, proprio per nulla.
Con una mano dietro la
nuca lo trattenne chino su di lei. Con l'altra mano lo tastò tra le
gambe. Il pene iniziò a ingrandirsi come se fosse vero. Lui allora
posò gentilmente i sacchetti della spesa sul pavimento, le accarezzò
il viso e iniziò a coprirle il corpo di baci. L'eccitazione della
donna crebbe a dismisura e Carlo continuò a stuzzicarla con dita e
labbra.
“Ora però voglio che
tu mi prenda con passione e vigore!” gli sussurrò Aurelia
nell'orecchio, come se la imbarazzasse dirlo ad alta voce.
Il robot si dimostrò
all'altezza della richiesta e le fece provare piacere molte volte,
senza che mai, durante l'amplesso, la sua passione calasse
d’intensità.
Dopo l'ultimo orgasmo,
Aurelia rimase accucciata sul petto scoperto di Carlo, che continuò
a lungo a baciarle il capo e ad accarezzarla.
“Dopo una scopata
del genere, ci vuole proprio una bella sigaretta!” rifletté la
donna. “Carlo, saresti così gentile da prendermi il pacchetto di
sigarette e un accendino?”
“Veramente mi avevi
chiesto di fare del mio meglio per dissuaderti dal vizio,” le
rispose il robot, alzandosi delicatamente e sorridendole.
“È vero. Solo una,
please!” rispose lei, supplichevole, “Questa volta non
posso proprio farne a meno.”
Carlo si procurò
quanto chiesto. Le porse la sigaretta e la fiamma dell'accendino. Lei
aspirò con voluttà e rimase sul divano a fumare. Carlo si rivestì
e andò a cucinare.
La cena fu fantastica.
Su una tavola apparecchiata alla perfezione, Carlo servì ad Aurelia
una vera pizza napoletana. Poi la sorprese con un gustoso dolce, di
dimensioni e calorie dosate per non rappresentare un pericolo per la
dieta.
Rimasero a parlare a
lungo. Carlo, programmato per avere una conversazione spiritosa e
interessante, la fece ridere di gusto.
Poi lei lo informò
degli ultimi problemi sorti al lavoro e lui l'ascoltò con interesse
e attenzione, prima di darle consigli puntuali e azzeccati, basati
sull'enorme mole di conoscenze dei casi umani inserita nella sua
banca dati.
Aurelia tacque.
Desiderava affrontare con Carlo un discorso delicato e non sapeva da
dove incominciare. Si fece coraggio: “Carlo, voglio diventare madre
e desidero che tu sia il padre di nostro figlio!” Le parole le
uscirono tutte d'un fiato.
Il robot si alzò dalla
sedia, si avvicinò alla donna e le prese le mani nelle sue. “Amore,
mi rende immensamente felice quanto mi chiedi e mi atterrisce doverti
deludere. Purtroppo io non sono programmato per la paternità e non
sarei all'altezza del ruolo che mi chiedi.”
Aurelia temeva una
simile risposta. Si alzò di scatto, prese il tablet e si lasciò
cadere sul divano. Mentre Carlo provvedeva al riordino e alla pulizia
della sala da pranzo e della cucina, Aurelia mosse freneticamente le
dita sul display.
Eccolo! Aveva
trovato quanto stava cercando.
Era un chip
particolarmente costoso. Corrispondeva a quasi un anno del suo
stipendio. Sì, però ne vale la pena! Carlo aveva dimostrato
di essere all'altezza di tutti i soldi spesi. Era sicura che non
sarebbe rimasta delusa.
L'inseminazione artificiale andò a meraviglia. Carlo aiutò in ogni modo Aurelia a superare le difficoltà della gestazione. La donna e il robot divennero i felici genitori di un bellissimo bambino, Alessio.
Diversi mesi dopo, un
pomeriggio, Aurelia e la sua collega Valentina decisero di fare una
passeggiata al parco. Carlo le precedeva di qualche decina di metri,
spingendo il passeggino del bimbo.
“Vale, non ho parole!
Devi venire a passare un pomeriggio a casa nostra. Carlo non è
perfetto… di più! Trascorre il tempo con Alessio, crea giochi
stimolanti che il piccolo adora, non perde mai la pazienza. Il
bambino cresce in maniera prodigiosa. Tutto quello che di
pedagogicamente giusto sia possibile fare, Carlo lo mette in pratica.
E sa sempre quando è il momento di essere un padre un po' più
rigido per evitare di viziare il bambino. Non mi sarei aspettata una
cosa così!”
“E delle incredibili
avventure erotiche che vivevate prima cosa ne è stato?” le chiese
maliziosamente l'amica.
“Finché non ne ho
avuta voglia, Carlo non ha detto una parola. Anzi, è stato più
affettuoso che mai e con le sue mani fatate mi ha fatto sparire
qualsiasi dolore alla schiena. Poi ha iniziato a stuzzicarmi con
atteggiamenti provocanti come non aveva mai fatto prima. La mia
libido ha fatto in fretta a tornare… Adesso me lo scoperei tutto il
giorno! Anzi, in effetti, è più o meno quello che sto facendo in
questi giorni!”
Le due donne
chiacchierarono e risero a lungo, Aurelia raccontando gli incredibili
risvolti della sua vita matrimoniale e Valentina sempre più in preda
alla voglia di spingersi anche lei nell'avventura della maternità
perfetta.
Due anni dopo, Aurelia e il suo avvocato, Cristina Terzi, furono ricevuti nella sede locale di CyberPlus, l'azienda produttrice di Carlo.
“In definitiva la mia
cliente chiede un risarcimento di venti milioni di euro!” concluse
Cristina.
Il direttore
commerciale, l'avvocato e l'ingegnere senior della CyberPlus
incrociarono gli sguardi, perplessi.
“Oh, è inutile che
facciate finta di non capire!” aggiunse Cristina con aria
minacciosa. “Sapete benissimo che se decidiamo di portare la cosa
in tribunale ne avrete un danno di immagine ben peggiore.”
“Signori,” Aurelia
prese la parola, “voi non avete idea di cosa sia essere la madre di
un bambino che adora suo padre. Io perdo le staffe, mi spazientisco,
a volte non mi trattengo, rispondo alzando la voce, do segni di
insofferenza. Sono preda di tutti i dubbi e le difficoltà di ogni
madre del mondo. Ma Carlo no! Lui è sempre perfetto con il nostro
bambino. Ha sempre l'atteggiamento ideale. Mai troppo rigido, mai
troppo molle. Le sue parole sono sempre appropriate e fa anche di
tutto per venirmi incontro. Fa ogni cosa per esaltare la figura
materna agli occhi del bambino, ma il piccolo non ci casca! Ha di
fronte un padre perfetto e una madre vittima del nervosismo
accumulato sul lavoro e nella vita di tutti giorni… una madre che
spesso, nonostante i provvidenziali consigli del padre, non sa cosa
fare, sbaglia e si sente ancora più in colpa!”
Il direttore
commerciale CyberPlus, Augusto Rimbaldi, le rispose pacatamente:
“Signora Lunatti, ha mai considerato l'opzione di restituirci il
robot? L'esemplare è in perfetto stato. Potremmo accreditarle
l'intera somma versata…”
“Lei o è pazzo o non
capisce!” urlò Aurelia. “Come faccio a restituirvi Carlo? Per
voi è un prodotto, ma per noi è qualcosa di più! Per mio figlio è
suo padre. Lo ama, lo adora, è il suo mito, il suo esempio. Sa che è
diverso, ma per lui è… meglio! Per lui è una cosa naturale avere
un genitore non umano. Mi odierebbe per il resto della vita se
trattassi suo padre come un oggetto e ve lo restituissi!”
L'ingegnere senior,
Cesare Bisascia, intervenne: “Augusto, ritengo che la nostra ultima
release, sebbene ancora in fase beta, sia sufficientemente stabile
per costituire un valido motivo di interesse per la signora Lunatti.”
Augusto Rimbaldi gli fece segno di continuare. “Signora Lunatti,
abbiamo effettivamente riscontrato che, sebbene il nostro prodotto
nel ruolo di marito sia di estremo gradimento per le clienti, in
quello di padre si riscontra una certa, potremmo chiamarla, gelosia.
Nell'ultima release abbiamo reso le capacità pedagogiche del robot
proporzionali a quelle della madre. In pratica, il robot darà alla
madre un aiuto ancora più marcato nel migliorarsi nel proprio ruolo.
E, a mano a mano che la madre progredirà, anche il robot esprimerà
maggiori capacità paterne. Ma in nessun caso il robot si dimostrerà
un padre migliore della madre.”
“Naturalmente,”
aggiunse l'avvocato, “Carlo può essere dotato della nuova release
a costo zero, ma solo a patto che lei rinunci a qualsiasi pretesa
legale.”
Aurelia non stava
ascoltando l'avvocato della CyberPlus. Si era persa nei sogni evocati
dalle parole dell'ingegnere. Le pareva che così il suo Carlo sarebbe
tornato a essere perfetto. Immaginava che di colpo sarebbero sparite
le tensioni e le gelosie che l'avevano infastidita in quegli ultimi
anni. Il nuovo Carlo era ciò che voleva: un uomo bellissimo,
prestante, incredibile a letto e un padre perfetto… ma non troppo!
Sentì il suo avvocato,
Cristina, rispondere: “Riteniamo che la vostra offerta sia comunque
insufficiente a coprire i gravi danni subiti dalla mia cliente…”
La interruppe,
rivolgendosi all'ingegnere: “Quando? Mi dica solo quando potrò
averlo?”
“Abbiamo già diversi
esemplari del nuovo chip. Se lo desidera, può uscire da questi
uffici con uno di questi. Carlo, a casa, provvederà autonomamente
all'upgrade,” rispose l'uomo.
“Signori,” rispose
l'avvocato Cristina, “occorre prima discutere dei particolari del
nostro accordo, che deve prevedere…”
Aurelia si immaginò,
di lì a qualche ora, in casa trionfante nella sua vita perfetta.
“Accetto!”
Cristina si voltò
verso di lei: “Aurelia, ne possiamo parlare prima in privato?
Possiamo ottenere dalla CyberPlus una cifra ben…”
Aurelia sentì che non
avrebbe mai potuto separarsi da Carlo. Avrebbe piuttosto sopportato
un figlio innamorato più del padre che di lei, ma non avrebbe mai
rinunciato a una delle due creature che ogni giorno la riempiva,
nonostante i problemi e la gelosia, di felicità. “Cristina, non è
una questione di soldi. Ti pagherò il dovuto. Scusami, ma sono
sicura della mia scelta.”
Alessio crebbe e compì cinque anni. La vita della donna, del robot e del bambino era colma di felicità e armonia. Aurelia e Carlo avevano preso l'abitudine di frequentare altre coppie come loro. Un pomeriggio, al parco, Aurelia si fermò a osservare Carlo e altri padri robot giocare con un gruppo di giovani. Alessio era l'unico maschio.
In occasione della
fecondazione assistita, alla donna non era venuto in mente di
scegliere il sesso del nascituro. Aveva sempre creduto che si sarebbe
sentita felice in egual modo, sia con un maschio che con una femmina.
Negli anni, la forte predominanza di figlie femmine nelle coppie
simili alla sua non aveva mai rappresentato un problema. E certamente
non si era mai lasciata andare al pensiero che avrebbe preferito una
bambina, al posto di Alessio.
Tuttavia, quel giorno,
la donna osservò con rammarico il figlio giocare in un gruppo di
sole femmine. Perché le altre donne avevano preferito scegliere il
sesso dei loro bambini? Perché avevano tutte optato per quello
femminile? Che fosse la presenza di un robot al loro fianco a indurle
a credere all'inutilità di procreare figli maschi?
La sera, dopo aver
messo Alessio a dormire, Aurelia ne parlò a Carlo. La risposta del
robot le piacque moltissimo: “Aurelia, sei una madre straordinaria
e ami Alessio con tutta te stessa. Forse i tuoi interrogativi odierni
nascono da qualcosa di diverso. È possibile che tu senta che sia
venuto il momento di dare ad Alessio un fratello… o una…
sorella.”
Sì, era esattamente
questo che Aurelia desiderava! Il giorno dopo la donna si presentò
in clinica. Dopo qualche minuto nella sala d'attesa, fu ricevuta
dalla dottoressa Sebastiana Cicismondi, con la quale il discorso si
svolse sulla falsariga della volta precedente.
Prima che il colloquio
finisse, Aurelia chiese alla dottoressa: “Mi scusi, vorrei ancora
sapere una cosa. Sarebbe un problema se indicassi il sesso del
nascituro?”
“Naturalmente no,”
rispose la dottoressa con un largo sorriso. “Ormai è una procedura
standard. Nel questionario che dovrà compilare sul nostro sito
troverà l'apposita opzione di scelta. In realtà,” aggiunse
ammiccando, “non ce ne sarebbe neppure più bisogno” e si lasciò
andare a un altro bel sorriso.
Aurelia finse di non
cogliere l'allusione.
La dottoressa le venne
incontro: “Da quando è stata legalizzata l'opzione per la scelta
del sesso dei bambini e si sono diffusi i padri robot, la scelta è
quasi scontata. La legge ci vieta di diffondere le statistiche, ma
basta fare una passeggiata al parco per rendersi conto della
situazione.”
Aurelia capì fin
troppo bene quello che voleva dire la dottoressa, ma preferì pensare
che la sua scelta di avere una figlia femmina dipendesse dal fatto
che aveva già Alessio.
Prima di uscire,
un'assistente le fece visitare i nuovi locali. Aurelia aveva scelto
di partorire in quella stessa clinica. Passando davanti alla porta
che si apriva sul corridoio centrale del Nido, Aurelia diede una
sbirciatina dentro. Appesa alle porte delle stanze di chi aveva
partorito in quei giorni, vide una lunga sequenza di fiocchi rosa.
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