Milioni di morti
Le dita sembrano volare sulla tastiera.
John Dannington entra
nell'ufficio. Mario non alza neppure gli occhi. Il ritmo frenetico
dei battiti non cessa. Lettere e caratteri scorrono senza sosta.
«Perché non fai una
pausa?» chiede John.
«Non posso». Lettere,
numeri. La sequenza sembra generarsi nell'ologramma sospeso in aria,
quasi per magia.
«Mario, lavori più di
venti ore al giorno. Non puoi reggere così.»
Non posso neppure
lasciare che milioni di persone continuino a morire. «Lo so. Ma
il ritmo dei suicidi continua a calare. Sembra che l'efficacia del
codice stia diminuendo...»
«Sì, ho letto il
report...»
Mario si volta a
guardarlo. Che sospetti del sabotaggio? «Credo di poter
apportare delle modifiche per farlo salire, di nuovo» dice,
continuando a lavorare.
John rimane in
silenzio.
L'hanno mandato qui
a indagare, riflette Mario.
«Potrebbe non
trattarsi del codice. La propaganda dei ribelli è molto più attiva
ultimamente. Ma ora riusciamo anche a stanarli più facilmente.»,
continua John.
Sanno che mi hanno
contattato. O lo sospettano. È qui per provocarmi.
«Stiamo ancora
cercando Isabella. Sembra, da alcune analisi, che si sia affiliata a
uno di questi gruppi. Qualcuno deve averla aiutata.»
Isabella! Se solo
fossimo riusciti a comunicare con lei... Devono aver scoperto le
intelligenze secondarie; sanno del mio coinvolgimento;John è qui per
capire fino a che punto.
La danza delle dita di
Mario continua, ininterrottamente.
«Perdonami, John: sono
a un punto critico. Non posso distrarmi.»
«Certo.»
D'altronde, hanno
comunque bisogno di me. Non hanno ragione di credere che non sia più
sotto il controllo del nanochip. E la propaganda anti DataCom c'è
veramente.
«Mario, ti devo
chiedere di fermarti. Devi venire con me.»
La tensione la sta
divorando. Isabella si chiede cosa stia succedendo nel laboratorio
degli hacker. Deve aver funzionato! Ho fatto bene a fidarmi delle
intelligenze secondarie. Di là stanno comunicando con Mario.
Capiranno che possono fidarsi di me. Tra poco Lorena ordinerà di
venire a liberarmi.
Rumore di passi oltre
la porta. Sono più persone. È andata bene. Vengono da me per
studiare tutti insieme le prossime mosse.
La serratura scatta.
Quattro braccia gettano un corpo all'interno della stanza e chiudono
di nuovo la porta. Una persona dai capelli lunghi.
Sconcerto, dolore. La
mente di Isabella afferra in un istante quello che la coscienza non
le permette di accettare. Il corpo a terra, in posizione fetale, è
girato di schiena. Non può essere lei. Avranno fatto un
altro prigioniero.
Isabella si mette
faticosamente a sedere sul letto. Si alza in piedi. I muscoli del
collo urlano di dolore. Barcollando, mette un piede davanti
all'altro.
Eppure sono i suoi
vestiti. Ma non ha senso! Cerca di percepire il movimento
del torace provocato dal respiro. Sembra esanime.
La raggiunge, le gira
attorno. Si inginocchia. È davvero lei! Il bel viso è
deformato da tumefazioni, lividi e dal gonfiore degli occhi. È
coperto di sangue. Isabella, gentilmente, lo solleva con le mani.
Sente il battito sul collo. È viva.
«Puoi sentirmi?» le
sussurra.
«S-sì.»
«Lorena, cosa ti è
successo?»
«S-scusami.»
«Scusarti? Perché mai
dovrei farlo?»
«Ho cercato di
uccidere tuo marito.» Parla a fatica. Le labbra, spaccate in più
punti, si muovono appena. «Loro hanno cercato di fermarmi.»
E hanno avuto la
meglio, constata Isabella. «Perché l'hai fatto?»
Lorena balbetta alcune
parole incomprensibili.
«Mario è vivo?»
Dai rigonfiamenti che
coprono gli occhi iniziano a sgorgare le lacrime. «Non lo so.»
Mario, morto?
Non può essere! E ora uno di quei due squilibrati che hanno
cercato di uccidermi ha il controllo della situazione. Forza,
Lorena! Devi rimetterti in sesto. Quando arriveranno, dovremo essere
pronte.
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