giovedì 7 marzo 2013

Emozioni nella Nuvola - Serie 2 - VIII episodio

Milioni di morti

Le dita sembrano volare sulla tastiera.
John Dannington entra nell'ufficio. Mario non alza neppure gli occhi. Il ritmo frenetico dei battiti non cessa. Lettere e caratteri scorrono senza sosta.
«Perché non fai una pausa?» chiede John.
«Non posso». Lettere, numeri. La sequenza sembra generarsi nell'ologramma sospeso in aria, quasi per magia.
«Mario, lavori più di venti ore al giorno. Non puoi reggere così.»
Non posso neppure lasciare che milioni di persone continuino a morire. «Lo so. Ma il ritmo dei suicidi continua a calare. Sembra che l'efficacia del codice stia diminuendo...»
«Sì, ho letto il report...»
Mario si volta a guardarlo. Che sospetti del sabotaggio? «Credo di poter apportare delle modifiche per farlo salire, di nuovo» dice, continuando a lavorare.
John rimane in silenzio.
L'hanno mandato qui a indagare, riflette Mario.
«Potrebbe non trattarsi del codice. La propaganda dei ribelli è molto più attiva ultimamente. Ma ora riusciamo anche a stanarli più facilmente.», continua John.
Sanno che mi hanno contattato. O lo sospettano. È qui per provocarmi.
«Stiamo ancora cercando Isabella. Sembra, da alcune analisi, che si sia affiliata a uno di questi gruppi. Qualcuno deve averla aiutata.»
Isabella! Se solo fossimo riusciti a comunicare con lei... Devono aver scoperto le intelligenze secondarie; sanno del mio coinvolgimento;John è qui per capire fino a che punto.
La danza delle dita di Mario continua, ininterrottamente.
«Perdonami, John: sono a un punto critico. Non posso distrarmi.»
«Certo.»
D'altronde, hanno comunque bisogno di me. Non hanno ragione di credere che non sia più sotto il controllo del nanochip. E la propaganda anti DataCom c'è veramente.
«Mario, ti devo chiedere di fermarti. Devi venire con me.»

La tensione la sta divorando. Isabella si chiede cosa stia succedendo nel laboratorio degli hacker. Deve aver funzionato! Ho fatto bene a fidarmi delle intelligenze secondarie. Di là stanno comunicando con Mario. Capiranno che possono fidarsi di me. Tra poco Lorena ordinerà di venire a liberarmi.
Rumore di passi oltre la porta. Sono più persone. È andata bene. Vengono da me per studiare tutti insieme le prossime mosse.
La serratura scatta. Quattro braccia gettano un corpo all'interno della stanza e chiudono di nuovo la porta. Una persona dai capelli lunghi.
Sconcerto, dolore. La mente di Isabella afferra in un istante quello che la coscienza non le permette di accettare. Il corpo a terra, in posizione fetale, è girato di schiena. Non può essere lei. Avranno fatto un altro prigioniero.
Isabella si mette faticosamente a sedere sul letto. Si alza in piedi. I muscoli del collo urlano di dolore. Barcollando, mette un piede davanti all'altro.
Eppure sono i suoi vestiti. Ma non ha senso! Cerca di percepire il movimento del torace provocato dal respiro. Sembra esanime.
La raggiunge, le gira attorno. Si inginocchia. È davvero lei! Il bel viso è deformato da tumefazioni, lividi e dal gonfiore degli occhi. È coperto di sangue. Isabella, gentilmente, lo solleva con le mani. Sente il battito sul collo. È viva.
«Puoi sentirmi?» le sussurra.
«S-sì.»
«Lorena, cosa ti è successo?»
«S-scusami.»
«Scusarti? Perché mai dovrei farlo?»
«Ho cercato di uccidere tuo marito.» Parla a fatica. Le labbra, spaccate in più punti, si muovono appena. «Loro hanno cercato di fermarmi.»
E hanno avuto la meglio, constata Isabella. «Perché l'hai fatto?»
Lorena balbetta alcune parole incomprensibili.
«Mario è vivo?»
Dai rigonfiamenti che coprono gli occhi iniziano a sgorgare le lacrime. «Non lo so.»
Mario, morto? Non può essere! E ora uno di quei due squilibrati che hanno cercato di uccidermi ha il controllo della situazione. Forza, Lorena! Devi rimetterti in sesto. Quando arriveranno, dovremo essere pronte.


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