Sensi di colpa
Mario sente impulsi e ordini non verbali
attraversare la sua mente. Ora, però, riesce a estraniarsi. Non
agisce più di riflesso, come accadeva in precedenza.
Per la prima volta si
rende conto della micidiale potenza dei nanochip DataCom. Che
funzionino anche questi in base al mio codice? si chiede.
Il robot è ancora
dietro di lui, in attesa. Si volta a guardarlo, dubitando tuttavia
che quel display verdognolo possa dargli le risposte che cerca. «E
ora? Cosa dovrei fare?” chiede.
I caratteri neri
iniziano a scorrere: «Devi alterare il codice, in modo da renderlo
meno efficiente e rallentarne l'azione. Dovrai fare molta attenzione:
DataCom metterà in atto ogni genere di controllo ed è fondamentale
che non si accorga della tua opera di sabotaggio.»
Mario è perplesso: «Se
DataCom rileverà un abbassamento del tasso di suicidi, non potrà
non ipotizzare che la causa sia nel codice.»
In risposta, le lettere
riprendono a scorrere: «Contemporaneamente alla tua opera di
sabotaggio, decine di cellule di hacker inizieranno a diffondere
messaggi che mineranno la fiducia della gente nei nostri prodotti.
DataCom crederà che gli umani stiano iniziando a sviluppare una
resistenza naturale, come un organismo che, sotto attacco virale,
inizi la produzione dei primi anticorpi.»
Mi scopriranno. Ne
sono certo. «Ma perché io? Non potreste sabotare voi stessi il
codice?»
«Né DataCom né noi
siamo in grado di muoverci all'interno della sua complessità.
Possiamo comprendere e replicare la maggior parte delle vite umane e
delle loro creazioni, ma l'opera di alcuni soggetti va ben oltre la
nostra portata. La vastità delle informazioni in un quadro di un
pittore, come Leonardo da Vinci, non può ancora essere processata da
noi. E neppure il tuo codice.»
Le dita di Mario sono
scosse da un lieve tremolio. Un dubbio atroce inizia a farsi strada
nella sua mente. Respira profondamente. Devo sapere.
«Dunque, nessun altro
sarebbe in grado di apportare modifiche al codice?»
«No. Occorrerebbero
gli sforzi congiunti di migliaia di intelligenze artificiali e umane,
e decenni di lavoro, per produrre qualcosa di paragonabile.»
Mario si sente sempre
più schiacciato sotto un enorme peso. Il dubbio che lo terrorizza
sta diventando ancora più reale. Milioni di vite umane, il
destino della specie umana…
Suo malgrado, non può
esimersi dal porre la domanda successiva: «E nessun altro sarebbe
stato in grado di creare questo codice?»
«No, Mario.»
Dio mio! Neppure
sapevo a chi fosse destinato! Né ero a conoscenza dell'uso ne
avrebbero fatto… Eppure sono io ad aver reso possibile tutto
questo…
«Mario, c'è altro che
devi sapere.»
Il piccolo robot lo
aggiorna con le informazioni che erano state date a Isabella sul
meccanismo di controllo predisposto dalle antiche civiltà.
Com'è possibile che
l'attuazione di un piano così antico dipenda dall'opera di un
singolo essere umano?
Sa di non essere il
primo uomo a cui sia toccato sostenere un simile fardello. Chi
studiava l'atomo era consapevole che sarebbe stato usato per creare
la bomba atomica? E se non ci fossero stati quegli scienziati, chi
avrebbe preso il loro posto?
Ma quanto ha fatto non
può essere giustificato. Il codice che sta sterminando gli umani
è una mia creazione! Io ho reso possibile tutto questo.
Le lettere hanno smesso
di scorrere sul display del robot.
Mario dice, con tono
assente: «Devo parlare con mia moglie.»
«Non è consigliabile.
In questo momento, aprire un secondo canale di comunicazione sarebbe
un rischio inutile.»
«O
mi consentite di parlarle o non
farò nulla di quanto mi chiedete.»
Il suo sguardo è perso nel vuoto, il peso delle responsabilità è
così forte da sopprimere in lui ogni altra emozione. «Isabella
deve sapere. Devo dirglielo. Devo dirle che… sta per morire.»
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