Agitazione, ansia, terrore, nausea. Insetti che si
propagano nel cervello. Il respiro che si fa affannoso. In
profondità, qualcosa ancora lotta. Nel dormiveglia artificiale,
Mario si chiede: Sono tra la vita e la morte?
“No, non lo sei,” gli risponde Isabella,
tendendogli la mano.
Mario perde l’equilibrio. Tenta di aggrapparsi a
sua moglie. Cade nell’oscurità.
“Isabella!” urla. “Ho paura! Aiutami!”
“Mario, vieni da me.”
Mario corre in una landa desolata, verso quella
voce. Isabella è seduta su una sedia. Fuma. Dietro di lei, molte
persone si tagliano la gola con coltelli impugnati dalle loro stesse
mani, altre si gettano da un ponte nell’abisso, altre lasciano che
il sangue sgorghi dalle vene tagliate dei polsi. Nel cielo scorre
un’interminabile sequenza di lettere e numeri.
“Hai visto cosa hai fatto? Il mio genio!” gli dice Isabella, ai cui piedi giace Roberto, al guinzaglio.
“Tutti stanno morendo. Sei tu che li stai
uccidendo!” Sorride, mostrandogli un secondo collare: “Questo è
per te. Lo vuoi, tesoro?”
“Isabella, tu non sei …”
Mario si ritrova nella cucina di casa. L’odore
di uova e bacon è delizioso. Isabella è ai fornelli.
“Isabella, siamo tornati a casa?”
“Sì, amore mio. È tutto finito. Ti sto
preparando la colazione.”
Lui le si avvicina. Appoggia il capo sulla sua
spalla. Chiude gli occhi. Aspira profondamente il suo odore. Inizia a
sentirsi ebbro di felicità. Lei si volta. Gli prende la testa tra le
mani. Lo bacia.
Le labbra della donna sono gelide. La lingua ha un
gusto metallico. Le mani iniziano a stringergli il capo. Mario apre
gli occhi. Al posto di quelli verdi di suo moglie due led rossi lo
fissano …
Un rumore di passi lo sveglia. Qualcuno sta
entrando nella stanza dove si trova. Pareti, soffitto e pavimento
sono formati da display luminosi. Il letto sembra essere in riva a un
lago. Il cielo è azzurro. In lontananza, l’immenso specchio
d’acqua si spinge fino alle pendici dei monti innevati.
“Buongiorno, Mario. Come ti senti?” gli chiede
John, dandogli una pacca sulla spalle.
“Benissimo!” risponde Mario, convinto. Avverte
un prurito alla base di nuca. Si tocca con le dita. C’è una
leggera crosticina.
John gli sorride: “Finalmente dei nostri! Era da
tempo che volevamo portarti qui, ma temevamo che, se ti avessimo
sradicato dalla tua azienda, avremmo rallentato la tua produttività.
Ora però il tuo software è pronto e funziona alla grande. Vieni!
C’è molto che devi sapere.”
Escono dalla stanza. Mario si sente deciso e
determinato. Dubbi, paure e ansie sono scomporsi. La mente è lucida.
Sorride compiaciuto.
John nota la sua espressione. “È un’altra
cosa con il nanochip, vero?””
“Sì, fantastico. Non avrei mai immaginato. E
Isabella? Eugenio?”
“Oh … Il tuo amico ci ha rivelato il loro
piano. Grazie a lui ne stiamo stanando altri, anche se non tutti
quelli che avremmo voluto. Gli hacker sono autonomi gli uni dagli
altri. Isabella è già impegnata nell’operazione di cattura di una
delle loro cellule.”
“Le avete rifatto l’innesto?” chiede Mario.
“No, perché?” risponde John, stupito.
Le immagini della cattura scorrono nelle mente di
Mario: Eugenio che nasconde il nanochip nella tasca dei pantaloni,
per poi lasciarlo cadere nelle fogne mentre escono dal laboratorio;
Isabella che mente a John, dicendo che Eugenio aveva tentato di
torturarla per vendicarsi dell’omicidio di Lin.
Mario racconta tutto a John, scuro in viso.
Percorrono una passerella sospesa su una sala nella quale è
allineata una sequenza infinita di server. Sul pavimento e in aria si
muovono robot dalle forme più diverse.
Raggiungono l’ufficio di John, che dice al
sistema di riconoscimento vocale: “Mettimi in comunicazione con
Isabella.” La donna non è rintracciabile. John chiama un altro
membro della squadra.
“Signore, il capitano Orsini ha detto di aver
ricevuto nuovi ordini e si è allontanata da diverse ore,” risponde
l’uomo.
Mario e John si guardano: sanno di averla persa!
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